Il treno per Darjeeling
Francis, Peter e Jack, tre fratelli che non si parlano da un anno, decidono di organizzare un viaggio per l’India per cercare di ritrovare il legame perduto. L’idea del viaggio è partita però da Francis, che dopo un incidente in moto che lo ha sfigurato ha deciso di recuperare il legame con i due fratelli prima che sia troppo tardi. Diretto da Wes Anderson e scritto da Jason Schwartzman, Roman Coppola e lo stesso regista, Il Treno per il Darjeeling è un film profondo sul rapporto fraterno. Insieme i tre fratelli saliranno a bordo del Darjeeling Limited, il treno che li riporterà a stabilire un legame, il tutto attraverso antichi riti indiani e sollecitati appunto dalla cultura mistica medio-orientale. Come è tipico dello stile di Wes Anderson, a giocare un ruolo fondamentale, oltre alla bravura degli attori, sono le ottime riprese accompagnate da una musica sublime, in questo caso in pieno stile anni ’70, che donano quel pizzico di magia e malinconia all’intera vicenda. È un film interessante per tanti motivi: innanzitutto i tre fratelli: così simili e al contempo così diversi, i tre sfruttano il viaggio sul treno come scusa per scappare. Il giovane Jack scappa dal suo amore per l’ex; Peter scappa dal difficile rapporto con la moglie e dall’arrivo di suo figlio; Francis invece ha fuggito la civiltà per andare a cercare la madre, che dopo la morte del marito si era ritirata in un monastero. Tutti fuggono da qualcosa e tutti cercano quel qualcosa. Brillante anche l’idea di paragonare la ricostruzione di un rapporto e una crescita individuale attraverso l’esempio del treno: ogni percorso emotivo, sia esso una riappacificazione tra fratelli o una crescita spirituale, passa attraverso numerose fasi (le fermate del treno) e attraverso un lungo viaggio.