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Burkina Faso.

La mare aux poissons sacres.

Non si può andare a mani vuote a la mare aux poissons sacrés, lo stagno della madre dei pesci sacri. Due galline saranno sufficienti, per cominciare. Ma le dovrà portare assolutamente una donna. E nessuno di noi dovrà indossare niente di rosso. Il rosso qui non è un buon colore.

 

Nonostante il lungo percorso accidentato ed il caldo opprimente i fedeli si arrampicano anche a piedi nudi sulle rocce, per raggiungere il fondo di questa ferita nel terreno dove li attende un paesaggio paradisiaco. In grande parte sono donne che si recano a la mare per garantirsi la fertilità, bene inestimabile di  queste latitudini. Le galline durante il percorso sono così mansuete che viene da dubitare che siano ancora vive.

Protetto da un bosco di piante e di liane decombenti, si apre in fondo al crepaccio un immenso tappeto di piume candide terminano solo dove iniziano le acque verdi di un piccolo stagno. C’è luce solo per due ore circa, qua in fondo, e per arrivare al cospetto del feticcio sacrificale dobbiamo attraversare la morbida distesa bianca, naturalmente a piedi scalzi.

Un uomo in ciabatte dopo una lunga preghiera chiede ai mostri sacri di emergere dalle acque di smeraldo. Eccoli, immediatamente. Sono impressionanti. Spaventosi pesci siluro ed enormi pesci gatto spalancano le fauci per inghiottire il prelibato cibo che decine e decine di fedeli ogni giorno offrono loro scendendo fin quaggiù.

Puoi trovare la versione integrale di questo reportage su: OASIS – Rivista di cultura ambientale – n. 195