Giappone.
Buddha nel proprio corpo.

Questa disciplina, che portava ad una vera e propria automummificazione in vita, prevedeva tre fasi di mille giorni ciascuna, la prima delle quali era improntata su di una severissima dieta a base di bacche e noci per eliminare ogni traccia di grasso corruttibile dopo la morte.

Nei successivi mille giorni, il monaco ingeriva solo cortecce e resine velenose e, in seguito, un tè di linfa di urushi, usata come base per lacche e vernici, capace di farlo vomitare e sudare fino alla completa disidratazione. Le secrezioni emesse così dalla sua pelle lo avrebbero protetto dopo la morte dall’aggressione di vermi e batteri.

Durante gli ultimi mille giorni il monaco, ridotto ormai a pelle e ossa, veniva chiuso in una tomba di pietra, seduto nella posizione del loto, senza cibo ne acqua, con soltanto un tubo per respirare ed una campanella, che egli aveva il compito di suonare ogni giorno per far sapere di essere ancora in vita.

Quando il suono cessava, il tubo veniva rimosso e l’apertura sigillata. Tre anni dopo il tumulo veniva riaperto dai seguaci: se la mummificazione si era compiuta, e raramente questo accadeva, il corpo veniva sontuosamente vestito con paramenti rossi e oro, e preparato per essere venerato nei secoli a venire, in quanto divenuto Bodhisattva.



Puoi trovare la versione integrale di questo reportage su:
OASIS – Rivista di cultura ambientale – n. 191
Giappone, luci e ombre della terra del sol levante – volume edito da White Star – National Geographic
Proiezione – Incontro “Giappone, luci e ombre della terra del sol levante”
Puoi controllare se la presentazione di questo reportage è programmata sul nostro CALENDARIO PROIEZIONI